cari amici vi voglio rendere partecipi di qualche
"nanetto" diceve frate Antonino da Scasazza (chi se lo ricorda?)questo è quanto scrive Luciano Perugia, collaboratore di Dassin alla realizzazione del film
La leggeDel rosolio e di altro
di Luciano Perugia
Ho seguito La legge sin da quando il film era ancora in fase di trattamento, una serie di appunti gettati giù, e per il resto nella mente e nella fantasia di Dassin. Sopraluoghi, scelta del cast, formazione del credit, rapporti con i collaboratori, incertezze, difficoltà, rapide o complesse soluzioni di problemi artistici o organizzativi: piano piano, giorno per giorno, tutto si mette in moto, gli ingranaggi cominciano a funzionare. Poi scatta il primo “ si gira “ e si ha l'impressione sempre, che arrivi inaspettato— e le riprese proseguono in un ritmo tanto denso da farci approdare di colpo all'ultimo ronzio del motore. Potrei elencare il numero delle comparse e dei generici, il metraggio dei cavi, il totale degli archi, le ore di straordinario, eccetera eccetera. A me sembra che la storia di un film non si possa raccontare in cifre. I1 profano non ne capirebbe nulla, e chi e dentro al mestiere non si lascerebbe stupire da numeri che costituiscono più o meno la norma per i film di grosso impegno produttivo.
La storia di ogni film ha tuttavia un suo accento particolare, dettagli rivelatori del modo in cui il lavoro ha proceduto. Aneddoti ? E sia pure, chiamiamoli anche così.
E strano, ma le fatiche dell'organizzazione, a film finito, assumono, nella retrospettiva del ricordo, un tono clairiano, come se quell'entita composita e pittoresca che è la troupe si muovesse al ritmo accelerato di 16 fotogrammi al secondo. Gli esterni nel Gargano, per esempio. Arrivammo a Carpino per caso, Dassin ed io, durante il primo sopraluogo in Puglia: la piazza, movimentata e un po’ squallida, senza nessuna civetteria, era piaciuta a Dassin. Per di piu, la disposizione delle case e la loro abitabilità da parte dei personaggi corrispondeva alle esigenze del copione, anche se alcuni ritocchi architettonici erano necessari. Tutto perfetto, tutto a posto. A questo punto, invece, la produzione si trova ad una specie di anno zero.
-Complesso abitazione del giudice, del commissario, commissariato e prigioni: occorreva parlamentare con gli inquilini di tutto lo stabile, soprattutto con quelli del primo piano, che dovevano prestarci una camera e permettere che le bocche di lupo della prigione levassero ogni luce al resto dell'appartamento. Si trattava di due vecchie signorine, che da quindici anni non erano più uscite di casa. Non avevano mai visto un film, ed il loro drastico isolamento dal mondo era interrotto soltanto dalle visite del parroco. Come io sia riuscito a convincerle, non so ancora. Ricordo il loro salotto buono, invaso da pizzi e fiori finti, consolle e abatjours, cuscini 1926 dipinti a Pierrot inespressivi, falsi arazzi con le vedute del Vesuvio, un rosolio densissimo e sciropposo, ed io, che continuavo a parlare, sicuro che le due figurette nero-vestite e silenti non comprendessero neppure una parola. Non dissero niente. Avevano capito? Potenza del cinema: avevano capito. Mi mandarono il parroco: rifiutavano compensi, ma volevano che il cinematografo -eravamo noi- si adoperasse per il bene della chiesa ~. In breve, che ne restaurassimo il portale. Oggi il portale della cattedrale di Carpino ha ritrovato l'eleganza delle sue decorazioni barocco minore, opera paziente degli operai della troupe. Si rimetteva a nuovo il portale, e si costruivano le bocche di lupo e l'ascensore per il primo carrello de La legge. Non potevo attraversare la piazza senza che le due vecchiette, ormai con la coscienza esultante, non mi mandassero a chiamare per offrirmi il rosolio. Occorrevano due caffe e un sigaro toscano pcr togliermene il gusto dolciastro dalla bocca: ma loro erano convinte di aver trovato un intenditore.
Arrivò uno degli architetti, Pasquale Romano. Ignaro, si recò subito dalle due anziane signorine. E queste, impacciate, lo ricevettero con l'unico cerimoniale che conoscevano: ossequiosi baciamani segni di croce e rosolio a volonta. Romano, allibito, fortunatamente tacque. Ma il peggio doveva ancora venire. Si doveva arredare il commissariato: — “Questa e la stanza—gli dissero le due vecchiette—faccia tutto ciò che vuole. Ma il letto, dove e morta nostra madre, quello non si può ne toccare ne spostare”. I1 letto in questione -una specie di Moby Dick dei letti matrimoniali dell'ottocento in ferro battuto- era piazzato esattamente davanti alla finestra, e nessuna angolazione avrebbe potuto evitarlo. Un letto dentro a un commissariato! Romano tacque anche di fronte a questa angelica imposizione. I1 solido archivio che occupa buona parte del commisariato non induca gli spettatori a pensare ad una iper-attivita criminosa delle genti di Porto Manacore: fu l'unica e aggiungo anche, un'ottima soluzione per coprire il letto tabu, intoccabile come un paria indiano.
Quindici anni di segregazione sono molti, anche se dedicati ad un'intensa fabbricazione di rosolio. Non passarono due mesi, e le anziane signorine persero l'abitudine al silenzio e all'isolamento: operai sempre per casa, rumore, confusione, due finestre tappate per mesi, tutto questo giovò loro in maniera inaspettata. Una sera -ma gia erano iniziate le riprese- le incontrai in piazza, tutte allegre e alle prese con due coni gelati.
I.a gente ha una strana idea del cinema e del suo ~ miracolismo ~ economico. Oltre tutto la storia del portale fece colpo, e si diffuse ai quattro venti. Un giorno mi si pararono davanti tre assessori di un comune che non nominerò. II termometro segnava i 40° all'ombra, ma i tre erano correttamente vestiti di scurissimi e pesantissimi panni di circostanza. Motivo della visita: il bilancio del loro comune era in deficit, quindi eravamo perentoriamente invitati a risanarlo. Tanto per noi, a sentir loro, cinque milioni erano una bazzecola. Se ne andarono via offesi. Fenomeno di ingenuita, non lo nego. Ma il caso si ripete quasi identico per la faccenda del vespasiano. Chi ha pratica dei piccoli centri di provincia, sa cosa conti l'orgogliosa esibizione di un semaforo. Inutile, puramente decorativo, il semaforo sta a indicare una specie di maggiorità cittadina. Nel Gargano, come ebbi a scoprire, i semafori erano sostituiti in questa funzione simbolica dai vespasiani. E Carpino non ne aveva neppure uno. Da anni gli abitanti si rodevano il fegato, pensando a quelli di Rodi, o di San Nicandro, o di Nicandro, o di San Severo. Lo spirito di campanile suggeri loro la grande trovata. Vennero da noi, seri, compunti, cerimoniosi. Avevano preparato tutto: preventivi, disegni, progetti: per un impianto a quattro posti -il loro ideale-, a tre, e, alla peggio, anche a due. Noi dovemmo sovvenzionare l'iniziativa; loro in cambio avrebbero aggiunto una enorme lapide, a grandezza di monumento, con gli imperituri grazie della popolazione a Dassin, a Brasseur, a Mastroianni, a Montand, a Stoppa ed a me. I nomi femminili erano stati esclusi per un comprensivo delicatissimo senso del pudore.
Ho accennato a questi episodi tra i tanti, perche mi sembra rivelino il clima che circonda il nostro lavoro: un clima mitico, che non facilitava certo le cose. E le difficoltà obiettive erano molte, ma accresciute e sensibillizzate da mille ostacoli, piccoli e grandi. Era come se non girassimo a 400 kilometri da Roma, ma a 4000, urtando di continuo contro una mentalita chiusa e diffidente, ed usi e costumi di mezzo secolo fa. Per la sequenza del ballo, ci rivolgemmo alle ragazze che, immobili, restavano per ore ad osservare con sconfinata ammirazione Gina Lollobrigida. Eravamo sicuri di chiamarle a nozze. Rifiutarono: si sarebbero compromesse a ballare in pubblico con sconosciuti. Una di loro, la piu vivace, ci offrì il destro per aggirare il problema: “Vengo se il ballerino è mio fratello” - Fratelli, cugini, zii e perfino genitori funsero quella sera da cavalieri. Per la stessa sequenza, ci rivolgemmo ai notabili del luogo. Ci risposero con un no collettivo. Non si sarehbero mescolati alla plebe. Piu tardi, attraverso messi di fiducia, ci mandarono ad avvertire che avrebbero acconsentito ma ad un patto: paga doppia, e che la cosa fosse risaputa. Insomma, volevano mantenere le distanze: e come far capire a certa gente che i generici sono generici, e le comparse sono comparse, ai fini della ricompensa? Ne andava del loro a onore ~. Alla fine, partendo da Carpino, andai a salutare le due vecchie signorine, e mi rassegnai all'ultimo rosolio. Mi parve che se lo meritassero, perche, in fondo, avevano rivelato uno spirito di collaborazione esemplare.
commentate , amici, commentate.....